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La seconda Regata Nazionale di canottaggio

La seconda Regata Nazionale di canottaggio

di Claudio Loreto


Manifesto del luglio 1876


Il 30 luglio 1876, organizzata ancora dalla Società Ligure di Salvamento, si tenne nel porto di Genova una seconda Regata Nazionale (1), "… alla quale presero parte rappresentanze di tutte le città del litorale italiano con l’intervento del Corpo RR. Equipaggi, la rappresentanza di Trieste e di Venezia, la quale (Venezia) inviò per treno le meravigliose gondole della laguna con i bravi gondolieri. Presenti sempre membri della Famiglia Reale. Il successo di questa seconda regata fu più spettacoloso ancora e se ne occupò estesamente la stampa nazionale ed estera. Tutti erano meravigliati che questa Società giovane e privata, potesse ottenere tanto glorioso successo. L’Italia stessa trasse grandi benefici da queste vittorie marinare: ovunque sorsero società sportive alle quali si iscriveva tutta la gioventù elegante: sulle coste, sul Po, sul Tevere, sui laghi. (Tre ardimentosi, a bordo di una piccola canoa, scesero il Tevere ed a forza di remi, vennero a Genova, accolti festosamente dalla Salvamento che fece coniare appositamente tre medaglie d’argento e le offrì loro come ricordo dell’ardita impresa) (2).

La seconda iniziativa della Salvamento suscitò effettivamente uno straordinario interesse in tutta l’Italia marinara. Si iscrissero alle gare uomini e donne di varie località della Liguria, di Torino, Pallanza, Venezia, Chioggia, Viareggio, Pisa, Livorno, Cagliari, Napoli, Palermo nonché equipaggi della Regia Marina Militare. Come lamentò il quotidiano genovese "Caffaro" (da cui sono tratte le cronache della manifestazione qui riportate) (3), "… circostanze imprevedute (dicesi che l’autorità politica austriaca siasi opposta; ma bene!..) impedirono a Trieste di mandare suoi rappresentanti a prendere parte attiva alle gare". Assenti, purtroppo, anche i vincitori della regata "dei canottieri" dell’anno precedente: "I canottieri di Roma avevano ordinato in Inghilterra due ‘lancie’ strettissime, molto lunghe, di quelle che hanno i braccioli portaremi sporgenti fuori della banda (4). Per una fatalità, le due ’lancie’, per molti ritardi, sono arrivate a Livorno ieri l’altro, e i ‘canottieri’ romani dovrebbero manovrare un poco ed esercitarsi col nuovo sistema per avere l’impostatura, e sapere con che bestia hanno da fare. Oltrechè, nella loro delicatezza, hanno anche pensato che non sarebbe stato generoso (questo sia detto a loro onore) concorrere con imbarcazioni d’un genere nuovo e di qualità superiore a quelle degli altri emulatori". Il cronista si disse "dispiacentissimo" per la mancata partecipazione dei vogatori capitolini: "Una regata senza Remo! Come chi dicesse un dindìo senza tartufi" (5).

L’evento generò a Genova un eccitato clima di attesa. "Si prevede una piena, come quella di Milano, per l’imperatore Guglielmo" – scrisse il Caffaro – "Coloro che hanno camere per alloggio disponibili e non le hanno dichiarate, sono pregati a volerlo fare quanto prima all’ufficio di polizia municipale […] Le vie della città saranno imbandierate, ma sarebbe a desiderarsi che, a dare aspetto alquanto più giulivo alla nostra Genova, tutti i privati mettessero fuori le loro bandiere. E’ cosa ben di poco momento, per chi lo deve fare, ed è un atto di buona accoglienza agli Italiani di tutte le provincie che vengono a chiederci ospitalità e ci portano quattrini in copia. E vi ha di più: che ciò costa nulla" (6).

Riguardo ai partecipanti alla competizione, il cronista si diceva "… certo che a tutte ed a tutti farà buona accoglienza la nostra cittadinanza, poiché si tratta di fratelli che, in una solenne occasione, vengono a darsi amichevole e dignitoso ritrovo in quella Genova che tante volte fu salutata col nome di regina del mare. Ho detto dignitoso ritrovo ed infatti quello stesso ‘Times’ che, a riguardo delle baldorie, prese occasione per lanciare all’Italia il titolo poco edificante di ‘carnival-nation’, parlando della nostra regata nazionale, la encomiò, la disse degna dei nuovi destini del popolo fra cui ha luogo, ed espresse unitamente il desiderio che la terza regata italiana possa essere internazionale. Unisco i miei voti a quelli del foglio della << City>>".

Il giornale, a salvaguardia del buon nome di Genova, raccomandò poi ripetutamente l’intervento delle Autorità: "Sarebbe cosa assai conveniente, anzi necessaria, che la Capitaneria di Porto stabilisse, per quei giorni, una tariffa speciale, equa, ragionevole, che riuscisse soddisfacente tanto ai cittadini, quanto ai barchettaiuoli …", poichè "… i cittadini hanno diritto […] a non essere alla mercè dell’altrui avidità". Quanto richiesto a proposito dei barcaioli "… può ugualmente applicarsi al servizio delle carrozze cittadine. Ognuno rammenta come, lo scorso anno, pure in occasione della regata, fosse assai difficile, per non dire impossibile, trovare una carrozza cittadina. Erano tutte in moto, ma per la maggior parte vuote. Gli automedonti non avevano altro scopo, in tali passeggiate volontarie, che quello di farsi credere impegnati, per fingere una transazione e pelare il malcapitato che aveva bisogno del loro servizio. Anche pei cocchieri ci vorrebbe una tariffa speciale ed una speciale sorveglianza".

Nell’edizione del mattino (7) del 30 luglio (il giorno solenne), il Caffaro ricordò ai lettori che "… le gare cominciano dopo le 3 pomeridiane […] La sera, c’è l’illuminazione all’Acquasola, per opera dell’immancabile Ottino. I più bei fuochi, non artificiali, saranno gli occhi scintillanti delle nostre belle visitatrici, che ieri ed oggi rendono così brillanti i nostri passeggi".

Per agevolare, al termine della spettacolosa giornata, il rientro degli spettatori provenienti dalle riviere, la Società Alta Italia organizzò treni notturni speciali verso La Spezia e Savona. Ancora il Caffaro del giorno 30: "Il generale Garibaldi, avendo ricevuto invito di assistere alla Regata nazionale, rispose colla seguente lettera: <<’Alla Società ligure di salvamento’. << Genova. << Grazie per la gentile vostra del 21 e per il cortese invito alla festa della Regata nazionale, che mi duole non poter accettare. <<Sarò con voi col cuore e sempre. <<’Vostro’ – G.Garibaldi..>> Caprera, 24,7,76.". Infine, un richiamo: "Le regate sono una gran bella e buona cosa, ma rammento ai miei lettori che oggi, dopo il mezzogiorno, si compie in Genova una gran solennità, in onore di Goffredo Mameli". Alla presenza di bande musicali, di rappresentanti delle associazioni operaie e democratiche nonchè del professore e poeta Giosuè Carducci, venne infatti scoperta in Via San Lorenzo la lapide inneggiante al famoso patriota genovese, che ancora oggi possiamo lì mirare, datata 30 luglio 1876, il dì della seconda grande Regata Nazionale.

Per quanto atteneva strettamente alla competizione, dal foglio battezzatosi con il nome di un antico e celebre cronista (8) si apprende che "… la Regata quest’anno prende tutto quel tratto di mare che costeggia i Magazzini generali […] I vogatori di una medesima corsa passano sotto gli occhi degli spettatori due volte, perché i battelli, dopo aver percorso uno spazio di circa 750 metri, girano attorno alle boe, e ritornano là ove erano partiti".

Il costo dei biglietti per i circa 8.000 posti sui palchi allestiti lungo le banchine variavano, a seconda della posizione, da una a quindici lire; quello per l’imbarco sui sei piroscafi che delimitavano il lato mare del campo di regata da tre a dieci lire. Sei i punti di ristoro. Uno "scelto concerto" sarebbe stato eseguito durante la manifestazione dalle bande riunite di Sestri Ponente e dell’11° Reggimento di Fanteria.

Nel supplemento pomeridiano del 30 luglio il Caffaro illustrò dettagliatamente ai lettori il regolamento di gara (9). Il cronista rese noto poi che "… appena partono i battelli di ciascuna corsa, i banditori lo annunziano lungo tutta la linea e annunciano, pure, appena terminate le corse, il nome dei vincitori". La comunicazione del risultato di ciascuna regata sarebbe stata preceduta da squilli di tromba.

Il programma prevedeva gare di sandolini, yole, canotti, gozzi e lance di varie tipologie; le diverse categorie di concorrenti – marittimi in rappresentanza dei propri Comuni, studenti, canottieri propriamente detti, donne, equipaggi della Marina Militare – si misurarono separatamente. Erano in palio premi in denaro, tranne che per gli studenti e i "dilettanti" (i canottieri), ai quali vennero invece destinati, oltrechè la rituale bandiera, oggetti di pregio offerti da autorità, da associazioni e, soprattutto, da gentildonne. Si apprende, ad esempio, che "… la Società Ligure di Salvamento ricevette il dono che il re d’Italia destina a uno dei vincitori della Regata Nazionale e che il Consiglio ha destinato a primo premio per la gara delle Lancie da corsa (dilettanti). Questo dono consiste in un orologio a ‘remontoir’ colle cifre reali in brillanti, una bellissima catena con ciondolo recante egualmente le cifre reali in brillanti da un parte, e dall’altra una stella in brillanti. E’ insomma un ‘brillantissimo’ dono. Meno brillante, ma ugualmente di buon gusto è l’astuccio coperto di velluto e colle cifre e la corona reale ripetute sullo stesso […] Un altro dono venne posto a disposizione della Società di Salvamento da parte del principe Tommaso (10), il quale mandò in regalo un magnifico fucile da caccia, da designarsi ai vincitori di qualche gara. Lo stesso principe arriverà quest’oggi, nelle ore meridiane" (del 30 luglio, n.d.r.). Anche questo premio fu destinato alla gara delle "lancie da corsa", segno che essa rappresentava per gli organizzatori il momento "clou" della manifestazione. Trattavasi della:

"NONA GARA.

Lancie da corsa a 4 remi con scalmiere, 4 vogatori e timoniere.

(Riservata ai dilettanti italiani).

1.a Lancia. – Cosso Eulogio, Romero Enrico, Vassallo Paolo, Ferro Agostino, Solari Francesco timoniere. Abbigliamento. – Cappello di paglia con iscrizione: <<Società Ginnastica Cristoforo Colombo>>. Blouse bleu alla marinara pantaloni bianchi e stivaletti neri. Bandiera. – Orifiamma bianca con le lettere S.G.C.C.. L’equipaggio è della Società Ginn. C.C. di Genova.

2.a Lancia. – Bacci Giampaolo (timoniere), Gelli Luigi, Bargelloni Franc., Anatrella Alfredo, Fastale Michele. Abbigliamento. – Vestito bianco e nero. Bandiera quadrata stella d’oro in campo nero. L’equipaggio è formato dai dilettanti Livornesi.

3.a Lancia. – Balbis Agostino, De Fernen avv. Agostino, Molgora Giuseppe, Musy Amedeo, Grosso Giuseppe. Abbigliamento. – Berrettino bianco e bordo bleu scuro, maglia a righe bianco e bleu e pantaloni di tela bianca. – Bandiera quadrata portante il Toro bianco in campo azzurro un po’ carico. L’equipaggio è formato dai Canottieri Torinesi della Società ‘Cerea’.

4.a Lancia (Maria Pia). – C. Vilson (timoniere), Ferdinando Brocchi, Poggi avv. Vincenzo, Stanco Pietro. Abbigliamento: Rosso e bianco – Bandiera bianca collo stemma della Società al centro. L’equipaggio è formato dalla Società dei Canottieri Genovesi (11).

‘Due Premi’. – 1° Premio. – Un gonfalone ricamato dono delle Gentildonne Genovesi più <<un orologio con catena d’oro e ciondolo>> dono del Re.

2° Premio. – Una bandiera, dono delle Gentildonne Milanesi più un <<fucile da caccia>> dono del Duca di Genova".

Dagli ordini di partenza delle tredici gare in programma (due delle quali femminili) (12) anticipati dal Caffaro, si viene dunque a conoscenza dei colori sociali - bianco e rosso - dell’antica Canottieri Genovesi (13), probabilmente mutuati dalla Croce di San Giorgio, emblema del capoluogo ligure (14). L’archivio della Canottieri Cerea fornisce invece alcune informazioni sull’imbarcazione utilizzata dall’equipaggio genovese: "... A norma del programma di massima" – aveva colà scritto la Società di Salvamento nel precedente mese di marzo - "si lascia ampia libertà ai concorrenti sulla scelta delle dimensioni" (delle lance da corsa, n.d.r.); allo scopo di indicare comunque un parametro di riferimento, la Salvamento aveva poi precisato che "... intanto però [...] trasmettiamo le dimensioni della Lancia a quattro remi fatta costrurre dal Sig. Brown per la nuova Società dei Canottieri. Lunghezza massima Metri 10,09. Larghezza massima Metri 1,04. Profondità ossia Altezza Metri 0,44". Gli organizzatori della regata avevano altresì informato che "... il Console Inglese Sig. Brown ci assicura che con 800 lire italiane si potrebbe avere in Genova una Lancia da corsa, non però nuova ma in ottimo stato". Le misure dello scafo della "... nuova Società Canottieri di Genova" erano poi state "girate" dalla Cerea alle società remiere torinesi Eridano e Armida.

Lunedì 31 luglio il Caffaro pubblicò un ampio resoconto delle regate svoltesi nel pomeriggio del giorno precedente:

"… Cominciata appena la prima gara […] la musica intuonò la marcia reale, il pubblico rivolse la sua attenzione dal lato opposto e scorse il principe Tommaso che veniva ad assistere alla regata". La nave militare "Maria Adelaide" con i suoi cannoni "… cominciò a far sentire la sua bella voce: erano i saluti d’uso diretti al principe di Casa Savoia. L’equipaggio, sui pennoni, fece pur esso i suoi convenevoli al duca di Genova nei modi usuali. Anche la nave da guerra americana ‘Alaska’ sparò parecchi colpi di cannone in ossequio al nipote di Vittorio Emanuele". Tra le numerose autorità presenti sedevano i ministri Depretis e Nicotera, "… salutati calorosamente dagli evviva e dai battimani di mille e poi mille persone".

Conclusasi la settima gara, "… si vide un corpo enfiato che si agitava sull’onda ed i banditori vociarono: ‘il signor Benvenuto d’Alessandro entra in acqua!’. Il signor d’Alessandro ha fatto parecchi esperimenti per dimostrare che poteva stare sull’acqua senza affaticarsi, mangiando, bevendo e scrivendo con tutta comodità […] Il signor d’Alessandro presentossi al principe ed ai signori ministri che lo encomiarono per il suo vestito di salvataggio".

Poco più tardi fu la volta del capitano americano Paul Boyton, "… l’uomo dalla fama mondiale che come è noto, passò la Manica a guado mediante il suo portentoso apparecchio di salvataggio e il suo coraggio a tutta prova" (15). Così ecco "… una bandiera americana che corre sul mare!" – scrisse il Caffaro – "E’ il capitano Paolo Boyton che cammina sull’onda come un pesce e fa sventolare il vessillo del suo paese".

L’esibizione del singolare statunitense preluse alla nona gara, quella cioè delle "lancie di corsa a quattro remi con scalmiere", che "… riuscì brillantissima. Il primo premio fu vinto dalla Società torinese ‘Cerea’ ed il secondo dalla Società Ginnastica Cristoforo Colombo". Il cronista non precisò il piazzamento dell’equipaggio della Canottieri Genovesi e dei "dilettanti" di Livorno.

Ampio spazio fu quindi dedicato alla sfida fra equipaggi della Regia Marina:

"Tredicesima ed ultima gara: è la marineria da guerra, quella che dà prova di saper maneggiare a dovere il remo; sono cinque canotti neri come gli squali, colla bandiera italiana di poppa ed una banderuola a prora, su cui è scritto il nome della nave a cui appartengono. In ciascuno di questi canotti dodici robusti marinaia alla voga, un timoniere ed un incitatore.

Al segnale di partenza, i cinque canotti partono veloci come frecce; un applauso generale saluta i figli di tutte le provincie marittime italiane, che, sotto l’assisa del marinaio appartenente al corpo reali equipaggi, si provano in una sfida incruenta, che afferma la bravura dei più fortunati ed il valore di tutti.

I premii di questa gara erano tre e furono vinti: il primo (16) dal canotto appartenente alla ‘Maria Adelaide’, il secondo da quello appartenente al ‘Principe Amedeo’, ed il terzo da quello dell’ ‘Affondatore’.

Vinta questa gara e consegnati i premii ai vincitori, il principe, accompagnato alla sua vettura dai ministri e dalle altre autorità, partì […] La ‘Maria Adelaide’, con alcuni colpi di cannone, pare affermi anche una volta che tutto, in questa valle di lagrime e di regate, finisce, e perciò le mille barche infino allora tenute a freno dalle gare, invadono il campo, e la confusione succede all’ordine. Buona notte!".

Il successivo 3 agosto la Cerea indirizzò al Presidente della Società Canottieri Genovesi una lettera di ringraziamento per l’ospitalità dimostrata nei confronti dei vogatori del circolo torinese. Di seguito si riporta quanto è stato possibile decifrare della missiva, ormai assai sbiadita e purtroppo anche lacerata nella parte conclusiva: (17)

"Onorevole Signore

La nostra società convocata in straordinaria adunanza, ebbe relazione dai Soci componenti la quadriglia che prese parte alla Regata Nazionale, della festosa cordialissima accoglienza avuta e delle squisite gentilezze di cui furono colmati durante il loro soggiorno in Genova dalla Società da V.S. degnamente presieduta.

La Società nostra, compresa [..?..] i gentili Canottieri Genovesi e delibera di esprimere loro le più sentite grazie.

Lieto primo adempio al gradito incarico di partecipare alla S.V. questa tale; e sappia che mai non verrà meno in noi tutti il ricordo delle dimostrazioni di cui i Canottieri Genovesi ci furono larghi e che ci auguriamo di poter un giorno contraccambiare […] Giuseppe Grosso".

  documento originale (158 KB)


Il carteggio tra le società “Salvamento” e “Cerea” rivela che la competizione era stata originariamente fissata per il giorno 25 giugno; sfavorevoli previsioni meteorologiche avevano poi indotto a posticiparla al 30 luglio.

Tratto da “Breve storia della Società [di Salvamento] dal 1872 al 1959”, pubblicata nel sito internet “www.salvamento.it”. Tale resoconto sulla manifestazione del 1876 sembra invero viziato da alcune inesattezze. Secondo un giornale genovese dell’epoca, il “Caffaro”, i triestini in realtà non poterono prendere parte all’evento (cfr. oltre nella relazione), mentre i “gondolieri” concorsero in rappresentanza del Comune di Venezia su un gozzo a 8 remi e 6 vogatori: per “gondole della laguna” devono dunque intendersi, con ogni probabilità, i “battelli Chiozzotti a 4 remi e 4 vogatrici”, la cui gara, peraltro, non entusiasmò (“… le vogatrici Chiozzotte non ebbero un grande successo, vuoi perché le loro barche non sono punto corridore, e vuoi per il sistema di voga, che non ha nulla di simpatico”; cfr. il Caffaro del 31 luglio 1876). Relativamente all’impresa dei romani, è da precisare che essa fu compiuta l’anno successivo; sul sito internet del R.C.C. Tevere Remo (sezione “storia”) si legge infatti: “1877 – I Soci Pio Barucci, Augusto Comotto e Virgilio Marchetti compiono una navigazione da Roma a Genova in 28 giorni”.

<<”Caffaro” (il), giornale quotidiano genovese fondato nel 1875 da Anton Giulio Barrili [scrittore garibaldino, n.d.r.]. Di tendenze liberaldemocratiche, fu uno dei più noti giornali dell’Ottocento. Fu assorbito nel 1929 dal “Giornale di Genova” [uno degli organi di stampa del Partito Nazionale Fascista, n.d.r.]>> (da “La Biblioteca del Sapere”, Enciclopedia Multimediale Rizzoli Larousse, edizione speciale per “Il Corriere della Sera”, anno 2003).

Le “lancie” descritte dal cronista del Caffaro erano senza dubbio “outrigger” (“fuoriscalmo”), imbarcazioni da canottaggio moderno.

Nella cronistoria ufficiale del R.C.C. Tevere Remo viene tuttavia riportato: “1876 – 30 LUGLIO – Partecipazione a Genova alla II Regata Nazionale di canottaggio” (cfr. sito internet “www.rcctevereremo.it”, sezione “storia”). Nessun equipaggio romano compare comunque nell’elenco degli iscritti alle regate pubblicato dal Caffaro il 30 luglio.

N.d.r.: da “buoni” genovesi... Un altro passo delineava invece il milanese “tipo”: “Un facoltoso proprietario di Milano, uomo tranquillo, che non ha mai oltrepassato il confine dei suoi possedimenti, è stato trascinato dalla moglie, per la prima volta, ai bagni di mare, ed ha preso stanza presso di noi. Ecco come egli trascrisse le sue impressioni, in una lettera diretta al suo architetto: << Ho visto il Mediterraneo, è bello, è maestoso… ma, d’altra parte, quanto terreno perduto; quant’area fabbricabile resa infruttuosa!...>>”.

Il giornale genovese pubblicava quotidianamente anche un supplemento pomeridiano.

< Sin dal 1100 iniziò la stesura degli “Annales Ianuenses”, registrando i fatti avvenuti a Genova ogni anno (nel 1152 il Comune dispose che fossero custoditi nell’archivio pubblico). Narratore semplice ma dignitoso, espose i fatti cui ha partecipato o che conosce con sicurezza. L’opera fu continuata da altri dal 1164 al 1293 per volere del Comune. Scrisse anche la “Historia captionis Almariae et Tortuosae” e una storia della prima crociata, “Liber de liberatione civitatum Orientis”>>. (Tratto da “La Biblioteca del Sapere”, op. cit.).

Un esemplare di tale regolamento è conservato nell’archivio storico della R.S.C. Cerea.

Duca di Genova e fratello della principessa Margherita (moglie di Umberto I, futuro Re d’Italia).

Nel servizio non venne riportato il nominativo del quarto componente dell’equipaggio.

Oltrechè nei “battelli chiozzotti” di cui alla nota n° 2, le rappresentanti del gentil sesso si cimentarono nei “gozzi a 6 remi e 4 vogatrici”. Il Caffaro descrisse minuziosamente le divise da gara degli equipaggi “rosa”; così quella delle rematrici di S. Fruttuoso di Camogli: “ Corsetto bianco con bottoni gialli ed un nastrino rosso al collo. Porteranno un cappellino di paglia a fantasia con nastro nero cascante all’indietro e lateralmente ornate di tre piume, una rossa fra due verdi”.

Società fondata (nel 1875?) dal console britannico in Genova Sir Montagu Yeats Brown insieme al fratello Federico, e discioltasi il 28 giugno 1897.

L’adozione della cosiddetta “Croce di San Giorgio” (croce rossa su fondo bianco) quale bandiera della città di Genova risalirebbe all’epoca delle crociate: San Giorgio, il cui culto è molto antico, fu proclamato protettore della città nel 1099, anno della conquista di Gerusalemme nel corso della prima crociata, nella quale il contributo di Genova fu decisivo (in seguito il patrono cittadino divenne però San Giovanni Battista). <<”Arremba San Zorzo!”, era il grido che le ciurme dei Doria, Signori di Genova, lanciavano quando andavano all’arrembaggio delle navi avversarie […] Quando andare per mare non era tanto sicuro e i pirati scorazzavano in lungo e in largo depredando e uccidendo a volontà, gli equipaggi genovesi si erano resi famosi per la loro audacia al punto da essere temuti dagli stessi pirati; il loro vessillo era una bandiera bianca con al centro una croce rossa, la croce di San Giorgio, patrono della città di Genova. La fama dell’imbattibilità dei legni genovesi si sparse pian piano per tutti i mari tant’è che le truppe inglesi (si ricordi che San Giorgio è anche il loro patrono nazionale) pensarono bene di imitare i genovesi cosicché nei momenti difficili alzavano a loro volta le insegne “di San Giorgio”: pare che per parecchio tempo il trucco abbia funzionato a dovere e abbia quindi evitato non pochi danni al naviglio di Sua Maestà>>. (dal sito internet “www.baracchi.com”). Altre fonti riportano che l’Inghilterra, in cambio del benestare di Genova all’utilizzo del proprio vessillo, si impegnò a pagare un tributo alla città ligure.

Tratto dal comunicato n° 9 (1876) della Società Ligure di Salvamento.

Il 1° premio consisteva in “… una bandiera, dono delle gentildonne livornesi, più L. 400”.

Il documento è conservato nell’archivio della R.S.C. Cerea.